Secondo la legge n.352 del 1970 che disciplina i referendum almeno cinque Consigli regionali possono richiedere l’abrogazione totale o parziale di una legge. Nel caso attualmente preso in considerazione i Consigli regionali, su sollecitazione di un partito presente in Parlamento, hanno deliberato la richiesta di abrogazione delle disposizioni del sistema elettorale della Camera e del Senato relative all’attribuzione dei seggi in collegi plurinominali con il sistema proporzionale.
Tale richiesta dovrà essere esaminata, prima, dall’ Ufficio centrale per il referendum (che verifica la legittimità), poi dalla Corte costituzionale, che ne controlla l’ammissibilità.
A nostro avviso, tale richiesta è non ammissibile per diverse ragioni di diritto costituzionale.
PRIMA RAGIONE
Sinora i Consigli regionali hanno raramente esercitato tale competenza e ciò è sempre avvenuto per chiedere la abrogazione di leggi che, a loro avviso, contrastavano con competenze o interessi regionali ( come le leggi istitutive di alcuni ministeri e, da ultimo, la legge che estendeva la durata delle concessioni per estrarre idrocarburi in zone di mare entro 12 miglia nautichedalla costa. In questo caso, invece, l’oggetto del referendum riguarda un tema non di interesse regionale, ma che coinvolge i criteri di formazione della rappresentanza politica nazionale.
A mio avviso, la Corte costituzionale dovrà misurarsi preliminarmente su questo profilo di possibile inammissibilità.
SECONDA RAGIONE
La formulazione del quesito tende esplicitamente a modificare la natura della legge regionale da proporzionale a maggioritaria.
A questo proposito la Corte costituzionale si è già pronunciata su di una questione identica.
Secondo la Corte costituzionale è inammissibile ogni quesito che, consistendo in una mirata selezione di singole parole, parti o commi della legge, ha la capacità di trasformare il referendum da abrogativo a propositivo. In altre parole il giudice costituzionale considera inammissibili i quesiti che si propongono di creare, tramite un’abrogazione di singole disposizioni, una normativa nuova, non compatibile con la ratio della legge originaria .
Può valere da esempio , la vicenda dei referendum promossi nel 1990 per modificare la legge elettorale del Senato. Con tali quesiti i promotori si erano proposti l’obiettivo di sostituire la disciplina vigente – che si basava sulla formula proporzionale – con un sistema misto prevalentemente maggioritario.
La Corte costituzionale, con sentenza n.47 del 1991 ha dichiarato non ammissibili i quesiti finalizzare all’introduzione di un sistema maggioritario per l’elezione del Senato, dal momento che “miravano a sostituire la disciplina stabilita dal legislatore con un’altra, diversa, voluta dal corpo elettorale”.
TERZA RAGIONE
La Corte costituzionale ha inserito le leggi elettorali tra quelle costituzionalmente necessarie: cioè quelle la cui abrogazione priverebbe totalmente di efficacia un principio o impedirebbe il funzionamento di un organo la cui esistenza è garantita dalla Costituzione.
Conseguentemente, nel valutare l’ ammissibilità delle numerose richieste di referendum abrogativo in materia elettorale , ha precisato che sono ammissibili soltanto quelle che soddisfano i seguenti criteri:
a) richiedono l’abrogazione parziale di leggi elettorali;
b) contengono quesiti che siano omogenei e riconducibili a una matrice razionalmente unitaria;
c) dall’ esito referendario deve risultare una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in modo da garantire la costante operatività dell’organo.
Il referendum ora proposto non soddisfa il criterio sub c) dal momento che a breve entrerà in vigore una legge di revisione costituzionale che riduce il numero dei deputati e dei senatori; tale modifica rende necessaria una nuova definizione in via legislativa dei collegi elettorali da parte del Parlamento, per cui l’esito referendario futuro non garantisce la piena operatività dell’organo.
QUARTA RAGIONE
Il giudice costituzionale, in occasione delle sue recenti sentenze in materia di sistema elettorale, ha individuato quale principio quello che la legge elettorale garantisca il carattere sostanzialmente rappresentativo del Parlamento.
Qualora venisse approvata la richiesta di referendum tale carattere verrebbe meno, in conseguenza della concomitanza tra la presenza di collegi elettorali assai ampi e una formula elettorale interamente maggioritaria.
Stupisce che Regioni importanti e dotate di uffici legali altamente professionali abbiano votato in tutta fretta una richiesta di referendum chiaramente inammissibile, esponendosi a una critica di dilettantismo e di scarsa professionalità.
Stupisce anche che Regioni le quali rivendicano una autonomia maggiore abbiano abdicano alla necessità di ragionare in modo autonomo, subendo una scelta eterodiretta.